Quella dell’ auto-consapevolezza nel regno animale è da sempre una questione annosa e caleidoscopica, dove ogni riflesso viene valutato, approfondito e spiegato in maniera diversa a seconda dell’occhio dell’osservatore. Si direbbe che il mondo accademico-scientifico è tanto affascinato e curioso da questa tesi quanto restio e diffidente a riconoscerla.

Tra gli studi più famosi spicca il “test dello specchio” ideato nel 1970 da Gordon Gallup, psicologo evoluzionista ( ne abbiamo parlato nell’intervista alla dott.ssa Lombardi sulla piramide di Maslow, vedi video). Gallup ideò questo esperimento mentre era intento a radersi davanti allo specchio: consiste nel marcare con un segno, in genere sulla fronte dell’animale, e poi mettere davanti ad uno specchio l’animale “marcato”; se quest’ultimo, specchiandosi, rivolgesse la sua attenzione e curiosità verso il segno, dimostrerebbe di avere consapevolezza che quello nello specchio è lui e che il segno è estraneo al suo corpo.

I primi a specchiarsi furono gli Scimpanzè

Gallup dedicò il primo test agli scimpanzè. Posti davanti allo specchio, immediatamente, gli scimpanzè reagirono come se il riflesso fosse uno sconosciuto, ma dopo qualche giorno il loro comportamento cambiò del tutto: smisero di urlare e minacciare il (loro) riflesso e cominciarono ad usare lo specchio per specchiarsi: dalla pulizia dei denti all’esplorazione del corpo. A quel punto l’esperimento proseguì colorando sopracciglia e orecchie degli scimpanzè con una tintura rossa, dopodichè furono di nuovo messi davanti allo specchio: anche questa volta gli scimpanzè, specchiandosi, toccavano con le dita le parti del volto colorate di rosso.

Il test dello specchio divenne famoso e fu portato avanti da altri ricercatori che testarono altri animali tra cui delfini, elefanti ( un elefante asiatico, nda), uccelli (più precisamente una gazza, nda) e persino un pesce pulitore. Nonostante i rispettivi ricercatori riscontrarono il superamento del test dei suddetti animali, lo stesso Gallup si mostrò scettico, sostenendo che, secondo lui, ad aver avuto successo in maniera inequivocabile al test furono soltanto: oranghi, scimpanzè ed esseri umani.

Poi toccò ai cani specchiarsi

Ebbeni sì, anche ai cani è stato fatto fare il test dello specchio e la loro reazione davanti al loro riflesso suggerirebbe che non riescono a riconoscersi: a volte guardano il riflesso e reagiscono come se fosse un altro cane, altre volte restano impassibili, in altre occasioni usano lo specchio per ottenere informazioni dell’ambiente…ma non si mostrano interessati a sè stessi. Quindi deduciamo che i cani non abbiano consapevolezza di sè? La risposta è no! Sebbene il test di Gallup è la pietra miliare per scovare auto-consapevolezza, tale test non può essere eletto a metodo universale per ogni tipo di animale. Ad esempio i cani non raccolgono informazioni di sè stessi utilizzando la vista, ma privilegiano il tatto e l’olfatto, inoltre non badano alle macchie del loro corpo, pensiamo a quante volte si rotolano in qualche odore o nel fango senza troppi pensieri, pertanto non danno importanza ad eventuali segni sul volto.

Più avanti scopriremo che con i cani bisogna guardare oltre lo specchio…alcuni ricercatori hanno avuto delle intuizioni geniali. Mark Bekoff ( nel 2001 con osservazioni empiriche) e Roberto Cazzolla Gatti ( nel 2015 con uno studio che rappresenta l’evoluzione del test dello specchio), hanno dimostrato come, anche i cani, abbiano consapevolezza di sè stessi…Ne parliamo in questo articolo.

Il test dello specchio sui cani: Gordon Gallup e la coscienza di sè

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